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La telemedicina nel servizio sanitario italiano

La telemedicina nel servizio sanitario italiano

In un futuro molto vicino potremo ricevere assistenza medica, cure e diagnosi da remoto grazie alla telemedicina.

È ormai noto come la pandemia abbia accelerato l’adozione del digitale per supportare le attività da remoto. Nella maggior parte dei casi non si tratta di una soluzione temporanea, ma di un vero cambio di rotta. E se c’è un campo in cui le tecnologie dell’informazione e della comunicazione (ICT) possono avere un impatto rilevante, è proprio la medicina. O, meglio, la telemedicina, supportata dall’Internet of Things.

Da dicembre 2020 la cosiddetta “medicina connessa” è ufficialmente entrata nel Servizio Sanitario Nazionale, una volta approvate dalla Conferenza Stato-Regioni le Linee guida approntate dal Ministero della Salute. Si tratta di una deriva naturale della modernizzazione del settore, che diversi fattori hanno però obbligato a prendere in considerazione con più sollecitudine, accelerando la ricerca e i test in proposito: l’emergenza sanitaria, l’invecchiamento della popolazione e l’aumento di malattie croniche.

In futuro potremmo perciò trovarci a effettuare visite, ricevere prescrizioni e affrontare piccole emergenze da remoto, senza mettere piede in ospedale o in studi medici. Ma solo se ci saranno investimenti mirati in questa direzione. I quasi 8 miliardi di euro destinati dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) alla telemedicina potrebbero essere un buon inizio, se impiegati correttamente.

Cos’è la telemedicina?

Nell’ambito della Sanità Elettronica, che prevede l’utilizzo dell’ICT, la telemedicina costituisce una specializzazione che si serve di tecnologie innovative per risultare efficace anche quando i professionisti e i pazienti non si trovano nella stessa località o nella stessa stanza. Ciò significa garantire la possibilità di effettuare e ricevere diagnosi, prescrizioni e monitoraggi anche da remoto. L’obiettivo non è di sostituire l’incontro tra medico e paziente, ma di integrare la prestazione sanitaria tradizionale per migliorarne l’efficienza.

In molti casi l’assistenza a distanza non è sufficiente, ma sono tante le situazioni in cui invece tutto o quasi può essere sbrigato da remoto:

  • Telesalute. Riguarda pazienti con patologie croniche che devono essere monitorate per non degenerare, ma possono essere autogestite. Lo scambio dei dati e dei parametri fisici serve a supportare e adattare la terapia.
  • Telemedicina specialistica. Comprende i vari servizi medici che si possono offrire a distanza, a un paziente o ad altri operatori sanitari. La televisita permette di interagire a distanza con il paziente; il teleconsulto avviene tra specialisti che prendono decisioni in base ai dati che possiedono (senza la presenza del paziente); la telecooperazione consiste nell’assistenza fornita da un operatore sanitario a un altro impegnato in un atto sanitario. Tutte le attività sono naturalmente volte alla produzione di una diagnosi e alla conseguente assegnazione di una cura o alla conduzione di un intervento a distanza.
  • Teleassistenza. Servizio sociale, più che sanitario, che consiste nella presa in carico di persone fragili a domicilio, per garantire loro assistenza continua e pronto intervento in caso di emergenze.

Tutte queste operazioni sono permesse da una serie di tecnologie dell’informazione e della comunicazione che si basano sull’Internet delle Cose. Tra queste, software per videochiamate, sensori corporei e ambientali, reti per la trasmissione telematica dei dati clinici, software per la certificazione medica e la telerefertazione.

I vantaggi della medicina connessa

La qualità delle prestazioni sanitarie potrebbe risentire positivamente della telemedicina da quattro punti di vista:

  • Equità di accesso all’assistenza sanitaria. Chi vive in aree sprovviste di assistenza sanitaria qualificata o specifica per una certa patologia non dovrà più fare centinaia di chilometri per trovarla.
  • Continuità e semplificazione delle cure. Grazie al telemonitoraggio, i pazienti cronici o che necessitano di cure prolungate nel tempo possono essere deospedalizzati prima e autogestirsi. Tutto ciò senza dover rinunciare alla supervisione di un medico ed evitando spostamenti potenzialmente costosi e difficoltosi.
  • Interoperabilità. Ciò che viene spostato sul piano digitale diventa anche più facilmente accessibile da tutti gli attori in gioco. Per le patologie che richiedono la collaborazione e l’aggiornamento di più esperti, la telemedicina e in particolare il Fascicolo Sanitario Elettronico possono essere di grande aiuto.
  • Efficienza e sostenibilità delle cure. Evitare gli spostamenti di medici e pazienti e prevenire le ospedalizzazioni significa poter intervenire con diagnosi e cure in modo più tempestivo e sostenibile. In questo modo infatti si riducono i tempi di attesa in pronto soccorso e in ospedale, si contengono le spese del sistema sanitario e dei pazienti e si ottimizzano le risorse, grazie a una razionalizzazione dei processi sociosanitari.

Le sfide da affrontare

La sfida più grande per il settore è senza dubbio la possibilità di garantire la tutela della privacy e dell’integrità dei dati, stabilendo standard tecnici e attivando sistemi di cybersecurity in conformità con le normative europee e nazionali. Tutte le attività previste dalla telemedicina dovranno in ogni caso essere precedute da un’adesione del paziente, reso consapevole di ogni suo aspetto:

  • il contenuto e i procedimenti
  • gli obiettivi, i vantaggi e i rischi
  • le modalità di gestione delle informazioni e dei dati, che dovranno essere impiegati in modo limitato alle finalità previste
  • l’identità di chi avrà accesso ai suoi dati personali e clinici e la presenza di un DPO (Data Protection Officer) che vigili sul loro trattamento
  • tutti gli altri soggetti e strutture coinvolti

Ma, posto che si arrivi a poter garantire requisiti di privacy soddisfacenti, rimangono da risolvere innumerevoli problemi tecnici e di competenze che potrebbero ritardare l’applicazione su larga scala della telemedicina. Una grande complicazione consiste infatti nella scarsa diffusione di una cultura digitale e degli strumenti adatti a utilizzarla sia tra i pazienti che tra gli operatori sanitari. È a colmare questi gap tecnici che dovrebbero essere destinati per prima cosa gli investimenti statali e regionali.

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