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L'Italia è indietro nella corsa alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica, pilastro della green economy.

A che punto è la green economy in Italia?

L’Italia è indietro nella corsa alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica, pilastro della green economy.

La Relazione sullo Stato della Green Economy 2023 dipinge un’Italia in ritardo sugli obiettivi di transizione verso un modello di sviluppo sostenibile. Eppure la green economy porterebbe grandi vantaggi su tutti i fronti alla penisola, ben superiori ai costi da sostenere.

Cos’è una green economy?

Un’economia verde è a basse emissioni di carbonio, efficiente nell’uso delle risorse e socialmente inclusiva. In una green economy la crescita dell’occupazione e del reddito è guidata da investimenti pubblici e privati ​​in attività, infrastrutture e beni che consentono di ridurre le emissioni di carbonio e l’inquinamento durante l’intero ciclo di vita dei processi e dei prodotti, di raggiungere una maggiore efficienza energetica e di utilizzo delle risorse e di prevenire la perdita di biodiversità e di servizi ecosistemici. Questi investimenti green devono essere abilitati e sostenuti attraverso una spesa pubblica mirata, riforme politiche e cambiamenti nella tassazione e nelle regolamentazioni.

Il concetto di green economy non sostituisce lo sviluppo sostenibile. Crea invece una nuova attenzione specifica sull’economia, sugli investimenti, sui capitali e sulle infrastrutture, sull’occupazione e sulle competenze e sui risultati sociali e ambientali positivi. L’efficienza, in particolare, si riferisce al modo in cui le risorse vengono utilizzate per fornire valore alla società e mira a ridurre la quantità di risorse necessarie, le emissioni e i rifiuti generati.

Le tre aree principali su cui si concentra il lavoro attuale sul tema sono:

  • sostegno di un approccio macroeconomico alla crescita economica sostenibile attraverso forum regionali, subregionali e nazionali
  • dimostrazione degli approcci della green economy con un focus centrale sull’accesso alla finanza, alla tecnologia e agli investimenti verdi
  • sostegno ai paesi in vista della transizione verso una green economy

I 5 principi della green economy

La green economy mira alla sostenibilità nel suo significato più ampio, sociale, ambientale ed economico. Ecco i suoi 5 pilastri:

  • Benessere. Da modello incentrato sulle persone, la green economy mira a consentire a tutti di aumentare il proprio benessere, non solo in termini economici, ma anche in termini di capitale umano, sociale, fisico e culturale.
  • Giustizia e buon governo. La green economy promuove il buon governo perché è fondata su istituzioni responsabili, trasparenti e resilienti. Promuove un processo decisionale decentrato e un dialogo aperto. Richiedendo un ampio sostegno pubblico, incoraggia approcci collaborativi alla risoluzione dei problemi.
  • Sradicamento della povertà. Aprendo settori economici completamente nuovi che richiedono nuove competenze e formazione, la transizione verso la green economy offre opportunità di investimento e di creazione di posti di lavoro. L’economia verde è inclusiva e non discriminatoria e promuove l’equa distribuzione del reddito e delle opportunità riducendo al tempo stesso le disparità.
  • Efficienza energetica. Un’economia verde si concentra sull’uso efficiente delle risorse, in modo circolare, per ridurre gli sprechi al minimo indispensabile.
  • Sviluppo a basse emissioni di carbonio. L’economia verde si basa sull’uso di fonti energetiche rinnovabili che generano poche emissioni di CO₂. Ad alimentarla è anche l’elettrificazione dell’industria, della mobilità e di altri aspetti della vita.

L’economia italiana dipende dalla transizione ecologica

Un’economia italiana decarbonizzata non porterebbe altro che vantaggi in tutti i settori, con benefici a breve termine ben superiori ai costi da sostenere. Ma la transizione è impegnativa e non rimane molto tempo se si desidera raggiungere gli obiettivi di medio termine fissati per il 2030. Gli investimenti necessari nell’ambito della green economy sono consistenti: almeno 147 miliardi di euro a partire dal 2020, sosteneva uno studio di Confindustria, concentrati soprattutto sull’elettrificazione. Ma il target dei 14,7 miliardi all’anno non è mai stato rispettato e oggi l’Italia si trova indietro su diversi fronti:

  • le emissioni sono diminuite solo del 7% in 7 anni (dal 2015 al 2022) e negli ultimi 3 anni sono addirittura aumentate del 2%
  • la quota di energia rinnovabile nel parco energetico italiano è diminuita dal 21% al 19%, allontanandosi dal target del 40% al 2030
  • il risparmio energetico è contenuto, con una diminuzione del 3,5% dei consumi dal 2021 al 2022
  • in fatto di economia circolare l’Italia è ai primi posti in Europa, con 3,3 euro di PIL per kg di risorsa consumata e un tasso di riciclo dei rifiuti superiore al 70%
  • le spese per tutelare il capitale naturale stanziate per il 2023 sono eccezionalmente alte (20,8 miliardi) perché contengono anche le misure di contenimento degli effetti degli aumenti dei prezzi di gas ed elettricità, ma negli anni precedenti e per il 2024 i numeri sono inferiori. È in ogni caso fondamentale che accanto agli investimenti pubblici si concretizzi l’impegno del settore privato
  • la gestione delle risorse idriche, con consumi elevatissimi e perdite lungo la rete di distribuzione, è la vera criticità in Italia, con carenze strutturali e strategiche che non possono che aggravarsi in modo direttamente proporzionale all’aggravarsi della siccità derivante dal cambiamento climatico
  • il sistema agroalimentare italiano continua a rivestire un ruolo centrale in Europa, anche se i trend parlano di una diminuzione delle piccole aziende familiari e individuali in favore di grandi aziende e società di persone e di capitale. L’Italia dovrebbe sfruttare maggiormente la sua autorevolezza guidando il settore verso una transizione biologica, che migliori la qualità degli alimenti e tuteli il suolo, l’ambiente e la biodiversità
  • la mobilità elettrica è oscillante, con una diminuzione del 10% dei veicoli immatricolati nel 2022 e una quota elettrica sul totale ancora troppo bassa e non abbastanza incentivata

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