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La blockchain per il controllo della qualità dell’aria

La blockchain per il controllo della qualità dell’aria

Per monitorare i livelli di inquinamento e individuare le zone con il rischio più alto per la salute, la blockchain, i sensori e l’IoT entrano al servizio della qualità dell’aria.

Di blockchain si parla dal 2008, anno della nascita, circondata dal mistero, della prima “catena di blocchi”. Dello stesso anno è la direttiva 2008/50/CE del Parlamento europeo e del Consiglio “Un’aria più pulita in Europa”, che stabilisce obiettivi per monitorare e migliorare la qualità dell’aria. Una coincidenza che ha acquistato un senso a inizio 2020, quando PlanetWatch, startup legata al CERN di Ginevra, ha annunciato una collaborazione con Algorand al fine di poter utilizzare la sua piattaforma blockchain per controllare la qualità dell’aria.

Ogni anno l’inquinamento uccide 7 milioni di persone nel mondo e il 93% di esse vive in aree con livelli di inquinamento che superano i limiti imposti dall’OMS. Il primo passo per ridurre questo numero è proprio il monitoraggio della qualità dell’aria, per individuare le zone critiche. A tal proposito è indispensabile la diffusione di sensori e l’utilizzo di una rete che permetta di immagazzinare e trasmettere i dati raccolti in tempo reale, su internet e tramite app. Ma anche la collaborazione di quanti più cittadini possibili, per rendere capillare la presenza dei rilevatori, creando un registro pubblico, decentralizzato e permanente della qualità dell’aria e una virtuosa community globale.

Secondo le parole del CEO di PlanetWatch, Claudio Parrinello, «storicamente l’inquinamento atmosferico è monitorato con apparecchiature voluminose e costose, che raccolgono dati scarsi e non in tempo reale. Noi puntiamo a costruire un monitoraggio denso che abiliti allerte tempestive e possibili studi di correlazione causa-effetto».

Monitorare l’aria grazie alla blockchain

L’obiettivo di PlanetWatch, spin-off del CERN, è di creare una rete decentralizzata diffusa a livello globale per la creazione, la convalida, l’analisi e la registrazione di dati sull’inquinamento dell’aria, basata naturalmente sulla blockchain. I dati potranno così essere forniti alle amministrazioni pubbliche e legate al settore della salute, ma anche alle industrie e ai privati cittadini perché tutti possano comprendere la situazione e agire di conseguenza. Proprio i privati cittadini potranno avere un ruolo centrale nella riuscita del progetto, scegliendo di collaborare installando sensori nelle loro case. Altri saranno invece destinati ad aziende del settore dei trasporti e delle telecomunicazioni o ad autorità locali.

Il monitoraggio dei livelli di inquinamento e il rilevamento delle aree più interessate dal fenomeno potranno perciò tradursi in azioni concrete e mirate. Ma il progetto ha ricadute ancora più ampie. Il coinvolgimento diretto dei cittadini è il modo più rapido ed efficiente per allargare la presenza dei sensori, ma è anche funzionale alla loro sensibilizzazione sul tema. Occupandosi in prima persona del controllo dei parametri, sono responsabilizzati rispetto alle condizioni ambientali e hanno la possibilità di formarsi sul tema e di confrontarsi con “colleghi” in giro per il mondo. Nonché di ricevere in cambio un premio in token, da sfruttare a piacimento attraverso la blockchain.

Le tecnologie chiave

Sono tre gli elementi tecnologici in gioco nella collaborazione tra Algorand e PlanetWatch:

  • Blockchain. La nuova rete informatica aperta, condivisa e sicura costituisce la piattaforma ideale per il progetto. Sarà Algorand a mettere la propria blockchain al servizio della qualità dell’aria. Per permettere una conservazione dei dati efficiente, ma anche verde, dato che consuma molto meno rispetto alla Blockchain Bitcoin.
  • Sensori e dispositivi IoT. PlanetWatch dal canto suo si sta occupando di installare sensori a basso consumo elettrico in modo capillare sul territorio. In particolare, coinvolgendo i cittadini (detti “PlanetWatchers”) disponibili ad acquistarli per ospitarli a casa propria o per trasportarli in viaggio. Grazie a questa collaborazione i dati potranno essere raccolti in tempo reale e riguarderanno diversi ambienti. Esistono sensori outdoor, che rilevano il particolato atmosferico e alcuni gas, e sensori indoor che registrano il livello di CO2.
  • Token. Un token è un insieme di informazioni digitali custodito dalla blockchain, ovvero la versione virtuale di un bene reale, che dà diritti al suo possessore. Per quanto riguarda il progetto di PlanetWatch, i token costituiranno il premio dei partecipanti. Questi potranno infatti decidere di monetizzarli o di utilizzarli per acquistare prodotti e servizi.

I test su Milano e Taranto

Nata a gennaio 2020, la startup ha raccolto in poco tempo 1,2 milioni di euro di fondi. Anche grazie all’ingresso nell’incubation center del CERN di Ginevra, InnoGex, e nell’incubatore Algorand Europe Accelerator. I natali sono francesi, ma il management è tutto italiano, guidato da Claudio Parrinello, con un’esperienza pluriennale al CERN, e Ivan D’Ettorre, co-founder e CTO. Proprio in Italia, precisamente a Milano e Taranto, sono in atto i primi test di applicazione di sensori e blockchain al servizio dell’aria. Le due città sono state scelte per i loro livelli di inquinamento particolarmente alti e ospitano rispettivamente 76 e 22 sensori. Ma presto la startup inizierà a coprire anche Roma, Londra e Berlino, grazie a una partnership con una società IoT statunitense.

«Questi dati hanno un elevato valore scientifico e commerciale, dal momento che diventeranno essenziali nei prossimi decenni», commenta Parrinello. PlanetWatch guarda, infatti, al futuro. I prossimi passi comprendono la dimostrazione della scalabilità del business, con l’apertura di filiali e un aumento del capitale, e il miglioramento della user experience dei sistemi anche per i non addetti ai lavori. Intanto, PlanetWatch si sta muovendo anche su altri fronti, sempre nel settore del monitoraggio dei parametri ambientali. In partnership con Terabee, sta sviluppando soluzioni per la mitigazione del rischio di infezione da COVID-19 indoor. È ormai dimostrato come la qualità dell’aria respirata sia un fattore determinante nella diffusione e nella gravità del virus.

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