Il riutilizzo degli oggetti e il riciclo dei rifiuti sono il passaggio fondamentale dell’economia circolare: come se la sta cavando l’Italia?
Sappiamo bene ormai che non può esistere sviluppo sostenibile senza economia circolare. E quest’ultima dipende in larga parte dalla nostra capacità di riutilizzare e riciclare oggetti e materie prime. Ma riciclare è una delle azioni che più richiedono una concertazione degli sforzi di tutti, perché il riciclo di un oggetto o di un materiale inizia nel momento stesso in cui viene prodotto. Farlo implica perciò una comunione di intenti tra amministrazioni, imprese e cittadini, disposti, a seconda di quanto compete loro, a normare la fabbricazione di prodotti di largo consumo, a evitare l’obsolescenza programmata, a impiegare materiali riciclati, a ridurre la produzione di rifiuti riutilizzare o a inviare al riciclo più materiali possibile. Come stanno affrontando la sfida del riciclo Europa e Italia?
L’Europa per il riciclo
L’importanza strategica del riciclo (o dell’upcycling) in chiave sostenibile è riconosciuta in Italia come in Europa ed è dimostrata anche dalla sua menzione tra i traguardi previsti per l’obiettivo 12 dell’Agenda 2030: «garantire modelli sostenibili di produzione e di consumo». Il traguardo 12.5 fissa, infatti, al 2030 la data ultima per «ridurre in modo sostanziale la produzione di rifiuti attraverso la prevenzione, la riduzione, il riciclo e il riutilizzo».
Un’iniziativa specifica dell’UE sul tema è poi il Piano d’azione per l’economia circolare, aggiornato a febbraio 2021. Con esso la Commissione Europea ha richiesto obiettivi vincolanti per aumentare la sostenibilità dei prodotti di largo consumo. Indicando la circolarità come un fattore dirimente per il raggiungimento della carbon neutrality, si situa perfettamente nell’ottica del Green Deal.
I settori che a oggi utilizzano (e sprecano) più risorse sono l’ICT e l’elettronica, il tessile, i packaging, le batterie, i veicoli, l’edilizia e l’alimentare. L’obiettivo è naturalmente di diminuire i rifiuti generati, intervenendo sin dalla fase di concezione dei prodotti, che dovranno possedere le seguenti caratteristiche:
- fabbricati con più materie prime riciclate
- progettati per essere più duraturi
- più facili da utilizzare
- facilmente riparabili, riutilizzabili e riciclabili
Per il resto, verrà progressivamente abbandonato l’usa e getta, vietata l’obsolescenza programmata e la distruzione di beni durevoli rimasti invenduti. Ma parallelamente sarò necessario lavorare sui consumatori, mettendo loro nelle condizioni di riparare un oggetto piuttosto che gettarlo via. La Commissione raccomanda infine l’inserimento dei principi dell’economia circolare nei Piani di ripresa degli stati membri, il sostegno all’Ecolabel UE e l’introduzione di misure a contrasto del greenwashing. Ma come se la cava l’Italia quanto a capacità di riciclo?
L’Italia e il riciclo
Spostandoci in ambito nazionale, è giusto evidenziare che da sempre l’Italia è leader in Europa per la capacità di recuperare e riciclare i rifiuti, pur con grandi disuguaglianze interne in base a città e regioni. Il tasso di riciclo migliora costantemente di anno in anno e anche l’assorbimento di quanto riciclato in vari settori dell’economia e dell’industria. Ma, con l’aumento della consapevolezza rispetto alla necessità di improntare il nostro modello di sviluppo all’economia circolare, aumentano anche la precisione e la sistematicità richieste nel recupero.
Rispetto al goal 12 sopra citato, l’Italia è in seconda posizione dietro l’inarrivabile Olanda e ha registrato un miglioramento negli ultimi 10 anni rispetto a tutti gli indicatori, soprattutto l’indice di circolarità della materia e la percentuale di riciclo dei rifiuti: il 49,8%, vicino al target dl 50% per il 2020. Ma un rapporto pubblicato a dicembre 2021 (e riferito al 2020) aiuta a precisare punti di forza e debolezza del sistema del riciclo italiano.
L’Italia del riciclo 2021
Il rapporto L’Italia del Riciclo 2021, presentato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e da Fise Unicircular, ha evidenziato un rallentamento della crescita della quantità di rifiuti riciclati a causa dell’emergenza sanitaria. Le percentuali di riciclo sono state piuttosto diseguali in base alle tipologie e si sono riscontrate difficoltà di approvvigionamento da parte di alcune catene produttive.
In Italia il riciclo degli imballaggi – carta, vetro, plastica, legno, alluminio e acciaio – procede spedito, con 9,6 milioni di tonnellate di materiali riciclati, il 73% dell’immesso al consumo e un +3% rispetto al 2019. Ma altre filiere non hanno raggiunto i target stabiliti:
- RAEE, con un tasso del 38,4% che non si avvicina nemmeno all’obiettivo del 65% del 2019
- veicoli fuori uso, 85% contro l’obiettivo del 95% del 2015
- pile e accumulatori, 43% rispetto all’obiettivo del 45% previsto per il 2016
Da dati riferiti al 2019, risultano invece in aumento i tassi di riciclo dell’organico (+7,5%) e dei tessili (+8%). Mentre gli inerti hanno raggiunto e superato con un anno d’anticipo la percentuale target 2020 del 70%, arrivando al 78% sempre nel 2019.
Non resta che semplificare le norme e incentivare l’utilizzo di prodotti riciclati. E contemporaneamente colmare il gap di efficienza degli impianti tra le regioni, efficientando alcuni settori e sviluppando processi di riciclo sempre più performanti. Perché ciò accada, può tornare utile il PNRR, che destina 2,6 miliardi di euro a impianti di gestione dei rifiuti e progetti di economia circolare.