A che punto è e dov’è diretta la transizione energetica dell’edilizia italiana?
Nel 2021 gli investimenti nell’edilizia sono cresciuti del 17,6% rispetto all’anno precedente e nel 2022 la crescita continuerà al 6,6%. Un quarto di essi è dovuto al rinnovo del comparto edilizio, incentivato da Ecobonus, Superbonus e da tutti gli altri numerosi bonus fiscali dedicati. Il 15,4%, invece, è relativo alle nuove opere pubbliche, che come tutti gli edifici di nuova costruzione devono oggi sottostare a precisi criteri di sostenibilità. Ma cosa accadrà quando gli incentivi verranno ridimensionati – già dal 2023 – o eliminati? Allora sarà compito del PNRR guidare la spinta alla transizione energetica dell’edilizia e alla transizione ecologica in generale. E sarà altrettanto compito dell’offerta, che al momento è ancora ridotta e che dovrà invece rinnovarsi alzando la qualità e l’appetibilità dei prodotti.
La pandemia ha cambiato l’edilizia residenziale
Non solo incentivi: la crescita degli investimenti nell’edilizia è dovuta anche al mutamento di stile di vita sperimentato da molti durante la pandemia. Innanzitutto, la riduzione dei guadagni o il timore di essa ha spinto tanti a ridurre i consumi, tanto da ritrovarsi oggi con gruzzoli di risparmi pronti per essere investiti.
Contemporaneamente, è cambiato il nostro modo di vivere la casa, non più solo come dormitorio, ma come teatro della nostra vita da diversi punti di vista, tra i quali quello lavorativo e ricreativo. In generale, perciò, sono emerse più chiaramente nuove priorità relative:
- ambienti più ampi e ariosi
- più spazi esterni e verdi, siano essi balconi, cortili o giardini
- stanze ibride o facilmente trasformabili all’occorrenza, per esempio per ospitare un home office
- contesti abitativi più sani, belli e vitali
Ecco allora che hanno incrementato il loro appeal le seconde case in contesti turistici e/o naturalistici oppure le case ereditate dai nonni fuori dalle città. Tipologie abitative che, grazie agli incentivi fiscali per la transizione energetica dell’edilizia e a qualche risparmio accumulato, potrebbero essere rimesse a nuovo a fronte di spese ridotte.
La transizione energetica dell’edilizia pubblica
L’edilizia pubblica non è da meno nel percorso di transizione, anzi, dal punto di vista normativo è obbligata a dare il buon esempio. Tutte le novità in materia di transizione energetica dell’edilizia, infatti, vengono introdotte solitamente prima per le opere pubbliche, che siano di nuova costruzione o meno. Per esempio, l’obbligo di utilizzare il BIM (Building Information Modeling) nella progettazione, quello di costruire edifici nZEB (nearly Zero Energy Building) oppure la necessità di raggiungere determinate classi di efficienza energetica. L’espansione delle opere pubbliche sostenibili è perciò già in atto, ancora prima dell’attuazione del PNRR, che troverà una domanda in continua crescita anche in quest’ambito.
Questo nuovo modo di vivere gli spazi residenziali e pubblici ha portato con sé anche nuove necessità urbanistiche: una rigenerazione degli spazi urbani che faccia da motore per la rigenerazione sociale e ambientale. Ma a questo punto emergono due domande:
- queste nuove istanze resisteranno anche quando finalmente ci saremo lasciati la pandemia e i lockdown alle spalle?
- a fronte di questa crescita nella domanda di un’edilizia sostenibile, il settore saprà dare una pronta risposta in termini di materie prime, manodopera, capacità di produzione, di progettazione, di innovazione e rispetto dei tempi di realizzazione?
Alla prima domanda risponderà il tempo, alla seconda, si spera, sia il pubblico che il privato, guidati dal PNRR.
Il PNRR per la transizione energetica dell’edilizia
Il punto di partenza è il 2021, l’anno di approvazione del PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza). Il punto di arrivo è il 2030, traguardo fissato dall’Unione Europea per il raggiungimento del primo obiettivo climatico: il -55% di emissioni rispetto al 1990. Nei 10 anni che intercorrono, perciò, sarà necessario intervenire massicciamente sul settore che consuma più energia e produce più emissioni in assoluto: l’edilizia, che in Italia è obsoleta da ogni punto di vista e praticamente in ogni area catastale.
La maggior parte degli oltre 76 milioni di immobili oggi presenti in Italia è stata costruita addirittura prima del 1970. E non è un caso che oggi oltre il 60% di essi si collochi nelle classi energetiche F e G (dati Enea-CTI). Allora, infatti, e fino a tempi recenti non esistevano norme energetiche e sismiche sufficientemente severe in rapporto alle caratteristiche di efficienza e sicurezza che un edificio dovrebbe presentare.
L’Europa, che condivide problemi di obsolescenza del parco edilizio, sta promuovendo perciò una Renovation Wave di massa, a colpi del 3% annuo di edifici rinnovati. L’obiettivo è che entro il 2033 tutti gli immobili abbiano raggiunto almeno la classe E di efficienza energetica. Ma anche che dal 2030 (2027 per quelli pubblici) ogni nuovo edificio costruito sia uno nZEB, cioè a zero emissioni.
In Italia, gran parte dei soldi necessari allo scopo arriverà proprio dal fondo Next Generation EU tramite il PNRR. Quasi la metà dell’importo che spetta all’Italia – 108 miliardi su 222 – avrà infatti un impatto sul settore delle costruzioni. Di essi, 15,3 miliardi saranno destinati alla transizione energetica dell’edilizia: un importo che in realtà sarà sufficiente a rinnovare “solo” 50mila edifici l’anno, tra pubblici e privati. Per il resto, toccherà ai privati cooperare per il raggiungimento degli obiettivi UE. Le aziende del settore dovranno saper offrire prodotti e competenze orientati alla sostenibilità e i cittadini dovranno essere tanto lungimiranti e sensibili da approfittarne, incentivati dai bonus fiscali statali.