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ENEA ha creato ISEA, indicatore per valutare l’impatto economico, energetico e ambientale di un cappotto termico.

ISEA, l’indicatore per scegliere il cappotto termico

ENEA ha creato ISEA, indicatore per valutare l’impatto economico, energetico e ambientale di un cappotto termico.

Il cappotto termico è la soluzione più nota e incentivata di efficientamento energetico degli edifici, ma quanto è davvero sostenibile? ENEA ha sviluppato ISEA, indicatore che aiuta a misurare l’impatto dei suoi materiali sia dal punto di vista ambientale che da quello economico. In Italia l’80% delle abitazioni è stato costruito prima del 1991. La metà di esse si trova in zone climatiche fredde, che richiedono dunque più dispendio energetico per il riscaldamento. Avere a disposizione un indicatore che sappia valutare la reale convenienza economica e ambientale dei materiali isolanti del cappotto è perciò indispensabile per non sprecare gli sforzi della transizione energetica.

Cos’è l’indicatore ISEA?

L’Indice di Sostenibilità Economica e Ambientale (ISEA) messo a punto da ENEA (Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile) tiene conto della tipologia dell’edificio e della fascia climatica in cui è collocato per dare un giudizio sull’impatto dei materiali utilizzati come isolanti nel cappotto termico. Quest’ultimo rappresenta il principale intervento di riduzione del fabbisogno energetico di un edificio, sia in fase di costruzione che di ristrutturazione, nel caso del patrimonio edilizio italiano.

L’indicatore ISEA indaga ogni materiale isolante presente nel cappotto, fornendo dati indispensabili per valutare la reale sostenibilità della soluzione progettata. Nel tentativo di ridurre le emissioni del settore, infatti, non sempre si hanno a disposizione le informazioni necessarie a operare scelte migliori dal punto di vista dell’impatto ambientale, che dipende da una miriade di fattori non sempre evidenti o intuibili. Alla base dello sviluppo dell’indicatore ci sono simulazioni che ENEA ha condotto in 60 città italiane scelte per la loro rappresentatività in termini di numero di abitanti e abitazioni e di condizioni climatiche. I risultati ottenuti dalle simulazioni sono stati pubblicati sulla rivista online Sustanaibility.

I risultati della ricerca

Nell’ambito delle ricerche contestuali allo sviluppo dell’indicatore ISEA, ENEA ha rilevato che in Italia esistono circa 31 milioni di unità immobiliari, ospitate soprattutto da condomini. L’80% di esse è stato costruito prima del 1991 e più del 65% prima del 1976. Il 48%, la maggior parte, è nella fascia climatica più fredda, il 45% in una zona a clima moderato e il 9% in zone calde. Nel 2020 il consumo degli edifici residenziali ha corrisposto al 43% della domanda di energia primaria in Italia (par a oltre 30 Mtep). Una cifra leggermente ridotta (di 1,3 Mtep) dai recenti provvedimenti governativi.

Questi consumi dipendono in larga parte dalla climatizzazione, cioè riscaldamento e raffrescamento (70%). Seguono l’illuminazione e gli apparecchi elettrici (13,9%), l’acqua calda sanitaria (11,4%) e la cucina (6,4%). Per ridurre ulteriormente questi consumi in genere si installa un cappotto termico, in particolare in fase di ristrutturazione.

Isolanti naturali o sintetici?

In fase di riqualificazione tramite cappotto termico si presenta sempre una scelta da compiere, tra isolanti naturali e sintetici. I primi sono più cari e perciò meno diffusi, nonostante garantiscano prestazioni paragonabili a quelle dei secondi e abbiano un impatto ambientale nettamente inferiore. A seconda della zona climatica «può assumere valori compresi tra 1,2 e 2,2 kg di CO2 equivalente/m2, inferiori fino a 4-10 volte rispetto ai materiali sintetici più comuni che presentano invece valori tra 4 e 20 kg», ha spiegato Flavio Scrucca, ricercatore della Sezione ENEA di Supporto alle attività sull’economia circolare. L’indicatore ISEA evidenzia perciò come le condizioni climatiche siano particolarmente significative quando si progetta un cappotto termico.

Gli isolanti naturali infatti non sono convenienti nel rapporto tra investimento iniziale e garanzie di risparmio. Ecco per ché «quando parliamo di impatto economico – inteso come rapporto tra il costo iniziale dell’opera e il conseguente risparmio nel tempo associato alla riduzione dei consumi – i materiali naturali presentano un valore più alto in ogni zona climatica per via del maggiore costo iniziale stimato», afferma il ricercatore ENEA Domenico Palladino. Ma la convenienza di questi materiali cresce all’aumentare del fabbisogno energetico degli edifici, quindi nelle zone climatiche più fredde. Secondo l’ISEA dunque la loro convenienza economica e ambientale cresce in presenza di climi freddi. In questo caso gli edifici hanno un alto fabbisogno energetico e gli isolanti naturali convengono tanto quanto quelli tradizionali.

L’indicatore ISEA «rappresenta un primo tentativo di valutazione combinata energetica, economica e ambientale dei materiali isolanti termici e dimostra l’importanza di considerare tutti questi aspetti negli interventi di ristrutturazione edilizia, poiché possono influenzare in modo significativo la scelta dei materiali isolanti da utilizzare».

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