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Responsive city: l’evoluzione della Smart city

Responsive city: l’evoluzione della Smart city

Non basta più il concetto di smart city a descrivere la complessità delle sfide delle città nell’era della digitalizzazione. Oggi l’obiettivo è diventare una responsive city.

La digital transformation sta fornendo alle città opportunità incredibili di crescita e di miglioramento del rapporto con i cittadini. Ma la velocità con cui trasforma il mondo in tutti i settori fa sì che non si faccia in tempo a raggiungere uno standard che ne esiste già uno più alto e complesso. Rendere smart una città presuppone una serie di azioni coordinate che investono tutti i servizi pubblici, dalla mobilità alle infrastrutture, e la loro comunicazione. Ma oggi l’obiettivo è ancora più ambizioso: edificare una responsive city.

L’ottica è sempre quella sostenibile, dal punto di vista sociale e ambientale, per permettere alle metropoli di affrontare una volta per tutte i problemi che le tormentano: la gestione dell’acqua e dei rifiuti, l’efficienza energetica e la mobilità, la disoccupazione e le disuguaglianze, l’integrazione e gli investimenti. Lo si potrà fare sfruttando le più moderne tecnologie, tra IA (Intelligenza Artificiale), AR (Realtà Aumentata), geolocalizzazione e smart grid, nel mondo della cosiddetta “Internet delle Cose” (IdC).

Una responsive city è una smart city al massimo delle sue potenzialità derivanti dalla digitalizzazione. Mai come in quest’epoca storica, infatti, le città hanno avuto il bisogno e la possibilità di cambiare volto per assecondare i mutamenti sociali. Devono però farlo rispettando le proprie caratteristiche demografiche, territoriali ed economico-produttive. L’ICity Rank 2020 di FPA, di cui abbiamo già parlato, l’aveva già reso chiaro rinnovando i parametri di analisi dei capoluoghi italiani e concentrandosi proprio sul digitale per stabilirne la qualità della vita. Lo scopo finale è infatti sempre quello di migliorare la vivibilità urbana, ma regalando ai cittadini un’opportunità inedita: dare forma alla città dei propri sogni.

Cos’è una responsive city?

Il termine “responsive” (“capace di adattarsi, in grado di reagire”) è frequentemente utilizzato per descrivere il design dei siti web in grado di adattarsi automaticamente alla tipologia di dispositivo con cui vengono fruiti, a livello estetico e funzionale. E se la stessa logica venisse applicata alle città? Una responsive city è, infatti, una città che altrettanto automaticamente si adatta a chi la vive. E risponde in tal modo al bisogno di personalizzazione che sta interessando in modo trasversale il settore dei servizi.

Si tratta di un’evoluzione del concetto di smart city, in cui lo scopo è di tecnologizzare l’ambiente e i processi. Nella responsive city l’obiettivo è invece di rendere i cittadini stessi in grado di applicare e sfruttare quelle tecnologie. Così ognuno potrà dare forma al proprio ambiente digitale e fisico, finalmente incentrato sulle persone, inclusivo, condiviso e capace di attirare abitanti, aziende e idee. È evidente che una città del genere per funzionare deve prevedere un alto livello di collaborazione all’interno della comunità, comprese amministrazioni e imprese.

I presupposti rimangono l’avanzamento tecnologico e la capacità organizzativa. In particolare, l’analisi e la protezione di una grande quantità di dati, per individuare le criticità e dare una pronta risposta. La possibilità di creare e controllare il proprio ambiente urbano si basa infatti su una rete di sensori e su app grazie si quali chiunque, non solo l’amministrazione, può avere accesso a dati e informazioni. Sarà perciò indispensabile garantire trasparenza nella loro gestione e una regolamentazione che ne prevenga un uso scorretto.

Com’è la vita in una città responsiva?

Immaginare l’aspetto delle città del futuro è particolarmente difficoltoso, dato che esso dipenderà in buona parte dalle decisioni dei loro cittadini. Ma di certo quell’aspetto sarà pianificato attentamente e in modo condiviso, dato che l’AR permetterà di visualizzare ogni cambiamento prima di apportarlo, per prevederne l’impatto ambientale e funzionale. I malfunzionamenti e i danni infrastrutturali saranno segnalabili tramite smartphone, come accade già a Zurigo con l’app “Züri wie neu”. E nelle situazioni che richiedono un intervento immediato una notifica potrebbe sostituire la classica chiamata. Per quanto riguarda la mobilità, durante un’emergenza ambulanze, pompieri e vigili del fuoco potranno programmare i semafori in modo da avere via libera. Mentre chiunque potrà accendere lampioni e altre luci in zone pubbliche all’occorrenza.

In una città people-centered (incentrata sulle persone) quale è una responsive city, tutti devono essere in grado di partecipare alla “cosa pubblica”. Ma ciò significa che a tutti si devono fornire gli strumenti cognitivi e pratici necessari. Ecco perché parallelamente alla digital transformation urbana è necessario diffondere la cultura digitale, in tutte le generazioni. Così facendo si aumenterà anche la resilienza delle città, compatibilmente con modelli di successo come la “Città del Quarto d’Ora”, ma anche con le necessità post-Covid. Alle trasformazioni urbane dettate dalla pandemia in tema di responsiveness ha dedicato un percorso di analisi FPA, i cui risultati sono contenuti nel Libro Bianco delle Responsive Cities 2020.

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