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Il fotovoltaico in soccorso dei Paesi più poveri

Il fotovoltaico porterà l’elettricità nei paesi poveri, contribuendo ad appianare le disuguaglianze a partire dal fronte energetico.

Il primo Obiettivo di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 è di «sradicare la povertà in tutte le sue forme e ovunque nel mondo». Il settimo è di «garantire l’accesso all’energia a prezzo accessibile, affidabile, sostenibile e moderna per tutti». Questi due target potrebbero essere più legati di quando non appaia già. La povertà energetica è infatti una delle principali piaghe per i paesi in via di sviluppo e l’energia pulita potrebbe risolvere il problema. Il fotovoltaico nei paesi poveri ha ottime potenzialità e potrebbe portare elettricità, cioè luce ed energia, dove adesso non c’è.

Le frontiere del fotovoltaico

La crescita della capacità rinnovabile accelererà nei prossimi cinque anni, rappresentando quasi il 95% dell’aumento della capacità energetica globale fino al 2026, quando raggiungeranno i 4800 GW di capacità. Lo sostiene il rapporto Renewables 2021 di IEA, che elegge il fotovoltaico come leader del settore. Anche in seguito all’aumento dei prezzi delle materie prime e al conseguente aumento dei costi di produzione, la sua capacità è cresciuta del 17% nel 2021, con lo stabilimento del record annuale di quasi 160 GW. Il solare fotovoltaico rappresenta perciò da solo il 60% di tutte le aggiunte di capacità rinnovabile e raggiungerà risultati simili anche da qui al 2026, con un aumento di capacità previsto in 221,4 GW.

In una grande maggioranza di paesi in tutto il mondo, il solare fotovoltaico è inoltre l’opzione meno costosa per aggiungere nuova capacità elettrica, soprattutto in un contesto di aumento dei prezzi del gas naturale e del carbone.

Il fotovoltaico nei Paesi poveri

Portare elettricità a comunità in via di sviluppo non significa soltanto instradarle verso la modernità, ma, ancor prima, dotarle dei diritti umani fondamentali. È impossibile, infatti, affrontare il tema della povertà in generale, come invita a fare il primo obiettivo dell’Agenda 2030, senza affrontare prima e in concomitanza anche il tema della povertà energetica. La mancanza di accesso all’energia corrisponde a una mancanza di accesso a un’assistenza sanitaria adeguata, all’acqua pulita, alla possibilità di cucinare in modo sicuro, all’istruzione e a tutte le opportunità economiche che dall’energia dipendono.

Dalla COP26 di Galasgow, tenutasi a inizio nevembre 2021, è emerso che nel mondo 759 milioni di persone non hanno ancora accesso all’elettricità. Grandi passi avanti sono stati fatti dal 2016, quando erano 1 miliardo, ma non abbastanza da far sì che nel 2030 il numero si azzeri. Per allora saranno infatti ancora 650 milioni, principalmente situate nell’Africa subsahariana, se non si intensificano gli sforzi. Per farlo, servirà un maggiore impegno politico, una pianificazione energetica a lungo termine e maggiori finanziamenti privati. Ma anche incentivi politici e fiscali adeguati per stimolare una più rapida diffusione delle nuove tecnologie.

Tra queste, il fotovoltaico nei paesi poveri giocherà un ruolo centrale, come sta dimostrando in Cina e India. I paesi in via di sviluppo cui si fa riferimento sono concentrati soprattutto nell’Africa Subsahariana, in Sudamerica e in estese zone dell’Asia. Aree che avrebbero tutte le carte in regola per ottenere il massimo dai raggi del sole.

Esperimenti di fotovoltaico solidale

Anche l’Italia è attiva nel business solidale del fotovoltaico, grazie al padovano Nicola Baggio, che con OffGridSun porta energia elettrica dove altrimenti non potrebbe arrivare. Negli ultimi anni ha sviluppato soluzioni di ogni dimensione. Tra queste, un piccolo kit off-grid che può illuminare campeggi, baite, ma anche capanne sperdute in aree rurali di paesi in via di sviluppo. “Off grid” significa che non è connesso alla rete elettrica pubblica, garantendo autonomia energetica. Una tendenza attuale in Europa, che però in Africa, dove le reti energetiche sono limitate, si trasforma in necessità.

Se non esistesse il fotovoltaico off grid, nell’alto numero di comunità rurali ancora isolate nel mondo, e soprattutto nei paesi più poveri, le uniche opzioni per riscaldare, cucinare e illuminare sarebbero i combustibili fossili, oltre alla legna. Con la conseguente produzione di una fucina di emissioni difficili da tracciare, ma ugualmente impattanti sull’ambiente.

«L’investimento sul fotovoltaico e sulle altre fonti rinnovabili, a parità di investimento, in queste zone è ben più profittevole dal punto di vista della sostenibilità ambientale rispetto ai Paesi sviluppati dove l’impiego dei fossili, benché da azzerare, è decisamente più efficiente», spiega Baggio. «Su questo occorre investire: non servirebbe molto, basterebbe una minima parte di quanto si stanzi in Occidente per ottenere un risparmio di emissioni, oltre che ottenere migliori servizi e qualità della vita».

Sistemi solari più estesi potrebbero essere invece installati su campi abbandonati, per conciliare il fotovoltaico con l’agricoltura e rendere profittevoli anche le aree marginali.

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