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Mattoni di funghi per un’edilizia sostenibile

Come rendere green il settore che consuma più energia e produce più emissioni? Partendo dai mattoni di funghi.

La transizione ecologica nell’edilizia dovrà toccare una quantità infinita di aspetti, forse più che in ogni altro settore. Ma se c’è un ambito di azione prioritario, che investe sia l’ecologia che la salute delle persone, è quello dei materiali da costruzione. Negli ultimi anni si stanno moltiplicando progetti di ricerca volti a individuare materie prime naturali, riciclate o riciclabili. Tra le più promettenti ci sono i miceli, perfetti per fabbricare isolanti o mattoni di funghi.

I funghi nell’edilizia

Se vi chiedessimo di elencare qualche tipologia di materiale ideale per costruire una casa, probabilmente non vi verrebbero in mente i funghi. Eppure rappresentano una delle frontiere più promettenti come materia prima rinnovabile e sostenibile, nell’edilizia e non solo. I funghi sono praticamente ovunque e si estendono in infinite reti sotterranee, risultando una delle materie prime più comuni in assoluto, anche se spesso invisibile. Sono perciò facilmente reperibili, ma anche economici e semplici da coltivare, perché è nella loro natura la proliferazione. Inoltre, producono emissioni molto ridotte durante tutto il loro ciclo di vita, dato che non richiedono energia per essere lavorati.

E poi sono molto versatili quanto a impieghi, anche nel settore edilizio stesso. Già da tempo il micelio viene utilizzato come isolante termico e igrometrico naturale, dato che è in grado di dare vita a un composto compatto, ignifugo, anallergico e privo di COV (Composti Organici Volatili). Ma i funghi possono essere anche la base per la creazione di veri e propri materiali da costruzione sostenibili.

Mattoni di funghi

Da qualche anno, per esempio, si sperimentano i mattoni di funghi. Già nel 2014 erano stati i protagonisti dell’installazione temporanea che quell’anno sorgeva nel cortile del MoMa PS1 di New York (sede nel Queens). Si trattava di Hy-Fi, un edificio circolare con tre camini interamente realizzato con materiali biologici. Lo scopo dello studio The Living di Brooklyn, responsabile del progetto, era stato quello di unire l’elemento simbolo dell’architettura newyorkese – il mattone, appunto – e un approccio più sostenibile nel suo utilizzo.

«Questo è un ibrido di quella che chiamo l’antica tecnologia dei funghi e una tecnologia totalmente nuova di calcolo e ingegneria», spiegava David Benjamin, fondatore di The Living. «Vogliamo utilizzare i sistemi viventi come fabbriche per coltivare nuovi materiali. Speriamo che questo ci aiuti a vedere le città più come organismi viventi che respirano che come luoghi solidi, statici e inerti». L’idea alla base è perciò di sfruttare le architetture vegetali per creare architetture umane perfettamente armonizzate rispetto all’ambiente.

Hy-Fi era infatti composto da 10mila mattoni di funghi, tenuti insieme dalle “ife”, i filamenti fungini da cui la torre prende il nome. La struttura, alta 12 metri, lasciava filtrare la luce e l’aria, servendo anche come zona ombreggiata di relax per i frequentatori del museo. Nella parte alta, infine, era ricoperta di pellicole ad alta riflessione di 3M, per creare un effetto specchio che integrasse ancora meglio l’edificio nel contesto urbano. «Questa installazione è un’opportunità per espandere il pensiero sostenibile e ibridare idee tra architettura, design, scienza e tecnologia», dichiarava il Business Development Manager di 3M, George Levendusky, sottolineando il ruolo pionieristico di Hy-Fi. Ma come nasce un mattone di funghi?

Come si producono?

Un mattone di funghi non viene fabbricato: viene piuttosto coltivato, proprio come una qualunque specie vegetale. Si inizia unendo il micelio, le radici sotterranee dei funghi formate da un intreccio di ife, alle bucce di mais triturate. Il materiale così ottenuto viene inserito in uno stampo, dove in 5 giorni cresce fino a prendere la classica forma di un mattone bianco, solido, leggero ed economico. Tutto ciò senza richiedere l’impiego di energia. Le materie prime vegetali unite al micelio possono essere di tante tipologie diverse, un vantaggio che elimina anche il problema del reperimento e del trasporto. Potrebbero per esempio essere utilizzati rifiuti agricoli locali, in ottica circolare. Una volta completata la crescita, il micelio viene devitalizzato, per stabilizzare il materiale.

Una volta smantellato, un edificio in mattoni di funghi è infine completamente biodegradabile e compostabile. Potrebbe per esempio essere utilizzato per fertilizzare in modo naturale giardini e orti urbani.

Gli sviluppi della ricerca

Dall’epoca dell’Hy-Fi la ricerca sull’impiego dei funghi nell’edilizia è proseguita e oggi è al centro del progetto FUNGAR (Fungal Architecture) della Columbia Graduate School of Architecture, Planning and Preservation. Dal 2019 si occupa di sviluppare materiali da costruzione dal micelio, annoverando nel team di ricerca anche lo stesso David Benjamin. La sperimentazione sui mattoni di funghi è perciò continuata, tanto da comprenderne perfettamente processo di formazione, vantaggi e svantaggi.

«Questa soluzione potrebbe ridurre significativamente le emissioni di carbonio nel settore delle costruzioni», ha affermato Benjamin. «Il risultato è molto simile a un mattone tradizionale ma è costituito da solo materiale organico, il che significa che lo smaltimento sarebbe completamente sicuro per l’ambiente. Questi mattoni potrebbero biodegradarsi molto più facilmente a seguito della demolizione di un edificio».

«Stando al rapporto delle Nazioni Unite per l’ambiente, ogni anno i materiali da costruzione e l’edilizia sono responsabili di quasi il 40% delle emissioni di CO2 a livello globale», ha dichiarato Phil Ayres, membro fondatore di FUNGAR. «Il micelio, invece, costituito dalle radici fibrose dei funghi, sarebbe completamente sostenibile, a emissioni zero, ma anche leggero, durevole, modellabile e naturalmente ignifugo. Speriamo di andare ben oltre la realizzazione di mattoni».

Lo svantaggio principale dei mattoni di funghi è però la loro vulnerabilità a muffe e umidità in presenza di determinate condizioni climatiche. Sono infatti poco resistenti all’acqua e, se in condizioni favorevoli possono resistere fino a 20 anni, quando sono a contatto con il suolo iniziano a decomporsi dopo sole 6 settimane.

In futuro, si potrebbe persino pensare di realizzare strutture a base di micelio vivo, in grado di auto-ripararsi all’occorrenza. Ma a tale scopo bisognerebbe trovare il modo di controllarne la crescita, per evitare di causare problemi strutturali.

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